Appunti di teoria base per SUONARE IL BASSO.
Ho pensato di scrivere un articolo sulle basi della teoria specifico per bassisti, non tanto perché possa riportare qui concetti nuovi (molte cose magari le conosci già), ma semplicemente per appuntare e raggruppare quello che serve per iniziare ad affrontare il vasto mondo della teoria musicale per suonare il basso.
Per me questi concetti hanno rappresentato una buona base su cui andare a costruire musica (altri concetti importantissimi sono gli intervalli, gli arpeggi e le scale, di cui magari ti parlerò in altri articoli).
In questo articolo pertanto ti mostro su cosa mi sono concentrato maggiormente.
Ritengo sia una buona base da cui poter partire. Se e quando vorrai, ti sarà sempre possibile approfondire e sviscerare maggiormente i diversi argomenti.
Se ti interessa ricevere anche degli esercizi per sviluppare questi concetti fammelo sapere lasciando un commento qui in basso. Oppure iscriviti e lasciami un messaggio direttamente in chat.
La Musica ed i suoi simboli
Una piccolissima introduzione per chiarire cosa si intendere per musica e suoni.
Qualsiasi oggetto o corpo capace di produrre vibrazioni determina infrasuoni, suoni ed ultrasuoni.
La differenza è dovuta al diverso numero di vibrazioni prodotte per una determinata unità di tempo.
Quando le vibrazioni sono inferiori a 16 per secondo si hanno infrasuoni.
Quando le vibrazioni sono comprese tra 16 e 16.000/20.000 per secondo si produrranno suoni.
Oltre tale limite massimo (20.000), l’orecchio umano non è più in grado di percepire suoni. Infatti in questo caso si parla di ultrasuoni.
L’altezza del suono è strettamente legato al numero di vibrazioni. Minore è il numero delle vibrazioni più grave sarà il suono. Viceversa, un numero alto di vibrazioni è sinonimo di suoni più acuti.
Per rappresentare graficamente questi suoni vengono utilizzate le note musicali che a loro volta vengono riportate sul rigo musicale o pentagramma (formato da 5 linee e quattro spazi).
Per garantire che i suoni (note) con lo stesso nome producano suoni (note) della stessa altezza a prescindere dallo strumento utilizzato, si accordano tutti gli strumenti in base al diapason, che produce 440 vibrazioni semplici per unità di tempo, che corrisponderanno al LA (A) riportato nel secondo spazio del pentagramma in chiave di violino.
Le Chiavi
All’inizio del pentagramma avrai certamente fatto caso che è sempre presente un particolare segno. Si tratta della “chiave”, che serve per dare il nome alle note sul pentagramma.
Esistono tre tipi di chiavi: la chiave di SOL (G), la chiave di FA (F) e la chiave di DO (C).
Le chiavi vengono poste all’inizio del pentagramma e servono per dare il nome alle note poste sul pentagramma stesso. La loro posizione quindi varia rispetto alle cinque linee. La nota scritta sulla linea in corrispondenza della chiave prenderà il nome della chiave stessa. Di conseguenza potrai dedurre facilmente tutte le altre note.
Per suonare il basso la chiave che ci interessa maggiormente è la chiave di FA (F) posta sul 4° rigo, detta appunto chiave di basso.
La stessa chiave di FA (F) può infatti essere scritta anche sul 3° rigo. In questo caso però si definisce chiave di Baritono.
Giusto per completezza ti segnalo che anche la chiave di DO (C) può trovarsi in diverse posizioni (per la precisione quattro).
La chiave di SOL (G) invece si trova solo in corrispondenza della seconda linea dal basso. E’ denominata chiave di violino. Si proprio lei, quella che tutti noi abbiamo imparato a scuola.
Ogni strumento è capace di produrre note di altezza diversa che non si limitano solo a quelle contenute nel pentagramma. Si ricorre quindi all’utilizzo di piccoli trattini, detti tagli, che rappresentano una sorta di prosecuzione delle linee del pentagramma.
Se il taglio è posto sopra o sotto la nota si parla di taglio in gola. Se il taglio attraversa la nota di parla di taglio in testa.
Le note, le pause ed il loro valori
Ogni nota produrrà un suono di diversa lunghezza a seconda della forma della figura.
In genere noi bassisti difficilmente andremo oltre le semicrome.
Quando hai bisogno di produrre una sospensione del suono utilizzerai le “pause”.
Quindi, per ogni valore avrai a disposizione la relativa figura (nota) e pausa.
Altra cosa che puoi facilmente notare è che muovendoti verso note di durata inferiore (dall’alto verso il basso della tabella per capirci), ogni figura o pausa ha un durata pari alla metà di quella precedente e viceversa procedendo verso valori di maggiore durata, ogni figura o pausa avrà una durata doppia.
Esempio: una semiminima avrà durata doppia di una croma. In altri termini ci vorranno due crome per formare una semiminima.
E’ di uso corrente nella scuola anglosassone nominare le figure semplicemente facendo riferimento alla loro durata: ad esempio le crome saranno nominate semplicemente come ottavi e le semicrome come sedicesimi.
Segni che modificano la durata di note e pause: legatura, punto e doppio punto.
La legatura
La legatura è un segno a forma di archetto posto sopra o sotto due o più note. L’effetto che si ottiene è quello di un prolungamento del suono della prima nota nota legata alla successiva, la cui durata complessiva sarà pari alla somma del valore delle due (o più) note legate.
Il suono dovrà risultare appunto legato, continuo.
Esistono due tipi di legature: di valore e di portamento.
La legatura di valore è posta fra due note che hanno altezza uguale (come quella in figura). Come detto, il risultato che si ottiene è quello di un prolungamento del valore della nota. In pratica non dovrai fare altro che suonare/pizzicare la corda in corrispondenza della prima nota e prolungare la durata del suono per un valore pari alla somma del valore delle due figure.
La legatura di portamento è anche detta di espressione.
Con il nostro basso, per produrre l’effetto dato dalla legatura di portamento utilizzeremo due particolari tecniche esecutive.
In caso di legatura ascendente, che riguarda note di altezza ascendente, dovrai utilizzare l’Hammer on (H.O.).
Viceversa, in caso di note di altezza discendente (dalla più acuta alla più grave) dovrai utilizzare il Pull off (P.O.).
Nota: se non conosci in cosa consistono queste due tecniche lascia pure un commento qui basso oppure scrivimi. Sarò lieto di spiegarti di cosa si tratta.
Punto e doppio punto
Il punto è, chiaramente, un puntino posto dopo una figura o una pausa (alla sua destra). Questo segno produce un prolungamento della durata della nota pari alla metà del valore della nota stessa.
Facciamo un esempio, che son sicuro ti aiuterà a comprendere meglio. Nell’immagine qui sopra c’è una minima puntata. Essa avrà una durata pari ad una minima più la sua metà, e cioè una semiminina.
In sostanza avrai 2/4 + 1/4 = 3/4
Altro esempio: un semiminima puntata avrà una durata pari ad una semiminima più la sua metà, e cioè un croma.
In sostanza avremo 1/4 + 1/8 = 3/8
Il doppio punto allunga la durata di una nota per un valore pari alla sua metà, più la metà della metà.
Anche in questo caso meglio ricorrere ad un esempio: un minima con doppio punto sarà pari ad una minima più una semiminima più una croma.
In altri termini: 2/4 + 1/4 + 1/8 = 7/8
Nel caso del doppio punto, ma anche nel caso del punto, per comprendere quanto effettivamente far durare una nota potrai anche andare a dedurlo per differenza.
Guarda di nuovo l’immagine qui su.
Senza star lì a fare calcoli, puoi immediatamente intuire che la minima con doppio punto dovrà durate l’intesa misura meno 1/8 (una croma) … più semplice, non trovi?
Misure, Tempi e Accenti
Per rendere più facile la scrittura, la lettura e l’esecuzione di una partitura, il susseguirsi di note e pause che descrivono un brano viene interrotto, o meglio diviso, da stanghette verticali poste sul pentagramma.
Nell’antichità infatti il flusso di note era ininterrotto e seguiva solo il ritmo poetico delle parole. In sostanza il ritmo veniva scandito in base alle sillabe delle parole.
Lo spazio compreso tra le stanghette viene chiamato misura o più comunemente battuta.
Ogni misura è suddivisa in tempi, detti anche comunemente movimenti.
Il valore di una battuta viene definito da un numero di frazione posto all’inizio del pentagramma (te ne parlerò poco più in basso).
Accenti
Il primo tempo (movimento) di ogni battuta viene definito tempo forte. Significa che l’appoggio del suono sarà più marcato.
(leggenda: f=forte, mf=mezzo forte, d=debole)
In una misura con due tempi, il primo sarà forte ed il secondo debole.
In una misura con tre tempi, il primo sarà forte, il secondo ed il terzo debole.
In una misura con quattro tempi, il primo sarà forte, il secondo debole, il terzo si dirà mezzo forte ed il quarto debole.
Nota bene: ogni tempo della misura può poi essere diviso di due in due (nei tempo regolari … te ne parlerò qui di seguito). La prima unità di tempo che ne deriverà sarà sempre da considerare con accento forte.
Nei tempi irregolari ogni tempo sarà suddivisibile in tre unità di tempo. Sempre e solo la prima unità sarà quella da considerare con accento forte.
Continua a leggere e tutto ti si chiarirà.
Tempi semplici e Tempi composti
Poco più su ti ho parlato dell’introduzione nella musica occidentale della suddivisione ritmica della musica. La sequenza delle note riportate nello spartito sono divise da stanghette verticali, che suddividono lo spartito in misure o battute.
Ogni battuta è composta da un certo numero di tempi.
In proposito possiamo distinguere tra tempi semplici e tempi composti.
Tempi semplici
In riferimento al tempo semplice si parla anche di tempo binario. Questo perché ogni tempo/movimento che forma la battuta potrà essere suddiviso in due unità di tempo della stessa durata. Basta pensare al senso ritmico che restituisce l’uso di una parola composta da due sillabe tipo Ro-ma o pa-ne.
Dai nuovamente uno sguardo all’immagine utilizzata per illustrare gli accenti.
Avrai certamente notato che al inizio della partitura è riportata un numero di frazione (ad esempio il classico 4/4). Quel numero di frazione ci fornisce delle importanti informazioni su come andrà scritta, letta ed eseguita la musica.
Nei tempi semplici il numeratore della frazione ti indica quanti tempi formano la battuta.
Il denominatore ti indica invece qual è il valore di riferimento per ogni tempo. Nei tempi semplici avrai quasi sempre il numero 4 (attenzione: quasi sempre), cioè 1/4. Quindi ogni tempo avrà come valore di riferimento il quarto (la semiminima).
In altre parole, nel tempo 4/4 avremo quattro tempi da un quarto ciascuno (volendo “palesare” la lettura binaria potremmo anche scrivere 8 crome, pari appunto a 4 semiminime, in modo da evidenziare l’andamento binario dei singoli movimenti) .
E ancora, nel 2/4 avremo una battuta formata da due semiminime (oppure quattro crome).
I tempi semplici più diffusi sono certamente il 2/4, 3/4 e 4/4. Meno utilizzati il 5/4 ed il 7/4.
Ad ogni tempo semplice corrisponde poi un tempo composto.
Tempi composti
Nei tempi composti la suddivisione è ternaria.
Questo significa che ogni tempo anziché essere diviso in due unità, sarà suddiviso in tre unità di tempo uguali. Per ottenere il numero di frazione rappresentativo del tempo composto, in riferimento ad ogni tempo semplice dovrai moltiplicare il numeratore per 3 ed il denominatore per 2.
Un tempo semplice 2/4 diventerà pertanto un tempo composto 6/8.
Nei tempi composti il numeratore non indicherà più il numero di tempi/movimenti di una battuta, ma il numero di singole unità di tempo in cui è suddivisa la battuta. Il denominatore indica il valore di riferimento di queste singole suddivisioni.
Nel 6/8 di prima avremo pertanto 6 suddivisioni (numeratore), ciascuna del valore di 1/8 (denominatore). Complessivamente sei crome.
Per comprendere da quanti movimenti è formata una misura ternaria basterà dividere per 3 il numeratore. Rimanendo nell’esempio del 6/8 avremo pertanto due tempi, ciascuno formato da 3 crome.
Il corrispondete tempo semplice si otterrà dividendo il numeratore per 3, come detto, ed il denominatore per 2. Il 6/8 corrisponderà quindi al 2/4.
Da notare che dal punto di vista dei valori utilizzati, sia il 6/8 che il 3/4 avranno sei crome a formare la misura.
Max hai ragione … coma faccio allora a riconoscere se si tratta di un tempo semplice o composto?
La differenza tra tempo semplice e tempo composto è data dalla suddivisione dei singoli tempi, ovvero dalla pronuncia ritmica che potrai dare alle note (binaria o ternaria) e non dai numeri che compongono la frazione.
Guardando la figura qui su, noti la differenza tra un 3/4 ed un 6/8? E’ tutto racchiuso nella diversa pronuncia ritmica 😉
I tempi composti più diffusi sono 6/8, 9/8 e 12/8.
La terzina
Una particolare figura ritmica che puoi trovare all’interno di un tempo binario è la terzina.
La terzina, come lascia intuire il nome, è un gruppo di tre note (il caso più frequente è la terzina di crome) che posta all’interno di una misura binaria crea una specie di sospensione della suddivisione binaria. La terzina andrà infatti a dividere il tempo in tre parti uguali e non in due.
Anziché fare riferimento a parole bisillabe, per comprendere come suonare la terzina potrai far riferimento a parole con tre sillabe, come ad esempio Na-po-li (giusto per rimanere nell’ambito delle città).
Graficamente potrai facilmente riconoscerla perché troverai un piccolo numero 3 posto in corrispondenza del gruppo di tre note.
Poiché con la terzina, come già detto, si ha una sospensione della lettura binaria del tempo, queste si definiscono anche come “gruppi irregolari”.
La sincope
La sincope produce uno spostamento di accento dal tempo forte al tempo debole. In pratica si ha quando una nota che inizia sul tempo debole ha un valore che porta ad assorbire (e quindi a non suonare) il tempo forte.
In altri termini, potrai riconoscere la sincope quando in una misura la prima e l’ultima figura di uno o più tempi hanno un valore minore rispetto alla figura o alle figure intermedie.
La sincope sarà definita regolare quando si trova fra due note (o pause) di uguale valore. Sarà irregolare quando le note hanno diverso valore (terza misura dell’immagine).
Sarà semplice quando produrrà un solo spostamento di accento e composta in caso di più spostamenti di accento all’interno di una stessa misura (quarta misura dell’immagine).
Il controtempo
Concetto diverso dalla sincope è il controtempo che è una posticipazione dell’accento dovuta alla presenza sistematica di una pausa nel tempo forte.
Lo shuffle o swing
Lo shuffle è una particolare pronuncia ritmica che si sostanzia nel suonare terzinata un coppia di crome (è il caso in assoluto più frequente), in cui le prime due crome risultano legate.
In pratica abbiamo una figurazione ritmica ternaria in un tempo binario.
La coppia di crome andrà quindi letta con la tipica pronuncia “dondolante” dello shuffle.
La scrittura formale delle particelle shuffle appensatirebbe molto la lettura di uno spartito. Questo è il motivo per cui si preferisce ricorre ad una leggenda posta ad inizio spartito o all’inizio di una battuta, nel caso in cui la pronuncia shuffle riguardasse solo quella specifica misura.
Come leggenda si utilizza la dicitura “suffle”, “swing” oppure “swing feel” oppure una vera è propria chiave interpretativa come quella dell’immagine.
Conclusioni
Eccoti arrivato alla fine di questo articolo dedicato alla teoria utile per suonare il basso (e anche altri strumenti). Lo so, sono cose un po’ noiose.
Spero comunque di essere riuscito a scrivere con chiarezza e semplicità i diversi concetti. Se qualcosa non ti è chiaro non esitare a lasciare un commento qui sotto oppure contattami liberamente.
Prima di chiudere ti chiedo una piccola cortesia: lascia un mi piace e condividi l’articolo sui social. A te non costa nulla mentre per me è fonte di grande motivazione a proseguire nel fornire sempre nuovi contenuti.
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