Le 7 Scale Modali: approccio SEMPLICE ed EFFICACE!
Ricordo che da ragazzo sentivo parlare di scale modali e pensavo: “perché mai dovrei studiare sta roba cos’ complicata?”.
In fondo già avevo le mie band di cover e suonavo tanto.
Inoltre, tutte le volte che cercavo informazioni mi imbattevo in contenuti che mi lasciavano un certo senso di insoddisfazione e disorientamento.
Infatti, gran parte dei contenuti proposti seguono lo stesso schema didattico, limitandosi molto spesso solo a descrivere come costruire i modi.
“Ok, ho capito come si individuano/costruiscono i modi … e ora?“
Quante volte ti sei posto anche tu questa domanda?
Personalmente ho trovato risposta ai miei dubbi in una intervista di Joe Satriani su Guitar World: “Quello che mi ha consentito di fare un enorme passo avanti nella mia crescita chitarristica è stato lo studio dei modi e delle scale modali. Imparare come funzionano i modi mi ha veramente aperto gli occhi e le orecchie e mi ha fatto veramente comprendere la relazione esistente tra melodia ed armonia“.
E ancora: “E’ impressionante l’effetto che ha sul pubblico l’utilizzo di intervalli diversi“.
Il segreto è proprio in quest’ultima frase!
Infatti, le scale modali sono sequenze di intervalli che hanno diversi colori capaci di suscitare diverse emozioni.
Tutto sta nell’imparare a riconoscere e applicare questi diversi colori.
In questo articolo provo ad approcciare questo argomento così spinoso, ponendo l’accento proprio sui colori musicali delle scale modali.
George Russell
Max … e mo che c’entra George Russell? … e soprattutto: chi è?
Russell è considerato sostanzialmente come l’inventore di una nuova branca del Jazz, quello modale.
La musica modale ha origini antichissime.
Si parte già dalla Grecia classica per arrivare ai canti gregoriani (‘700 d.c.), dove la musica era solo melodica.
Mancava quindi la parte armonica.
In sostanza la musica era pensata solo in senso orizzontale.
Chiaramente mancando l’armonia, non c’era tonalità cui far riferimento, ma solo Modi … appunto.
Successivamente, in occidente, con i primi componimenti di musica classica, la componente verticale della musica, e cioè l’armonia, assunse sempre maggiore importanza (XVII – XVIII sec d.c.).
Con l’armonia, ben presto ben codificata e definita nei suoi vari aspetti, prende forma il Sistema Tonale.
Nel 1953 Russell scrive “The lydian chromatic concept of tonal organization”, una sorta di trattato sull’uso delle scale modali ed in particolare della scala Lidia*.
*puoi trovare un interessante approfondimento qui.
Questo manuale fu di importanza cruciale per l’epoca (stiamo parlando della metà del ‘900).
Cambiò radicalmente il modo di improvvisare nel mondo jazzistico, allora dominato dal Bebop (altra branca del Jazz).
Il Bebop infatti era caratterizzato da un incalzare sia ritmico che armonico molto sostenuto. L’improvvisazione non lasciava quindi molto spazio ad un fraseggio disteso e rilassato.
Inoltre, cosa ancora più rilevante, il Bebop si fondava sul Sistema Tonale e quindi rispondeva alle regole del mondo Tonale.
Il Sistema Tonale prevede una tonalità di impianto, salvo poi la possibilità di modulare, ovvero di passare ad altra tonalità.
La tonalità ha i suoi accordi, che poi altro non sono che quelli derivanti dall’armonizzazione della scala di riferimento.
Ad esempio, se siamo in DO maggiore, faremo riferimento agli accordi derivanti appunto dall’armonizzazione della scala maggiore di DO.
A questi accordi possono affiancarsi dominanti secondarie, sostituzioni ed altri accordi ancora, volendo anche distanti dalla Tonalità di riferimento.
Ciò che ha rilevanza è che comunque tutti questi accordi rispondono a delle regole codificate.
Il Sistema Tonale, come detto, prevede anche la possibilità di modulare, ovvero di passare da una tonalità ad un altra, in modo temporaneo o definitivo, sempre rispettando alcune regole armoniche.
Bene.
Nel Jazz modale, e più in generale nella musica modale, tutto questo non avviene.
Non c’è una Tonalità di riferimento, ma esistono (appunto) i Modi, che derivano dalle scale modali. Su queste scale modali si poggiano le melodie e le improvvisazione.
La cosa importante da sottolineare è che questi Modi sono concatenati l’uno con l’altro in maniera meno codificata rispetto al Sistema Tonale.
Questa nuova teoria ebbe un forte richiamo nel mondo jazzistico e finì per influenzare fortemente il messaggio musicale di artisti come John Coltrane e Miles Davis.
Kind Of Blue di Miles Davis viene considerato come una sorta di manifesto del jazz modale.
Ma l’approccio modale non è solo prerogativa del Jazz.
Tutta la musica moderna infatti fa spesso uso di un approccio modale, anche attraverso l’armonia.
La costruzione dei Modi
Fatta questa doverosa premessa storica sui Modi e le scale modali, passiamo alla parte più tecnica.
Con il termine scala modale si fa riferimento ad un insieme di note che derivano da una scala specifica. Puoi quindi “estrarre” un modo per ogni nota che compone la scala di riferimento.
Partiamo dalla madre di tutte le scale, la scala maggiore di DO (C major scale), che è già di per se un Modo. In particolare è il primo modo, chiamato Ionico.
Scriviamo la scala maggiore (utilizzerò la nomenclatura anglosassone):
C – D – E – F – G – A – B – (C)*
*la nota tra parentesi è chiaramente la Tonica di una ottava superiore rispetto a quella di partenza
Riscriviamo la scala maggiore con i numeri che ne rappresentano gli intervalli:
1 – 2 – 3 – 4 – 5 – 6 – 7
La sequenza di intervalli che costituiscono la scala Ionica di DO pertanto sono:
Tonica (1), Seconda maggiore (2), Terza Maggiore (3), Quarta giusta (4), Quinta giusta (5), Sesta maggiore (6) e Settima maggiore (7).
Per costruire il secondo modo, denominato Dorico, ti basterà iniziare la scala dorica dalla seconda nota della scala di riferimento (C Major Scale).
In questo modo otterrai questa scala qui:
D – E – F – G – A – B – C – (D)
Sebbene le note siano le stesse della scala C Major, la nota di partenza è diversa e quindi chiaramente la distanza intervallare tra le note non sarà più quella della scala maggiore iniziale.
Infatti, considerato che tra E-F e B-C c’è sempre mezzo tono di distanza, la distanza intervallare tra una nota e l’altra avrà questa sequenza:
T – S – T – T – T – S – T
Questo significa che la sequenza di intervalli sarà la seguente:
1 – 2 – b3 – 4 – 5 – 6 – b7
(Tonica, Seconda maggiore, Terza minore, Quarta giusta, Quinta giusta, Sesta maggiore, Settima minore).
Bene. Abbiamo così ottenuto la scala Dorica.
Attraverso questo semplice sistema, ti sarà possibile ottenere tutte e 7 le scale modali riferite ad una scala maggiore.
Qui di seguito ti riporto una tabella che riassume le 7 scale modali, scritte in termini di intervalli, in maniera da poter essere applicata a qualsiasi scala generatrice.
Un approccio semplice
Una volta costruite le 7 scale modali, la sensazione che ho sempre avuto è stata quella di suonare sempre una scala di DO, anche se con diversa nota di partenza.
In altre parole, suonare un DO Ionico (primo modo), poi un RE Dorico (secondo modo), poi MI Frigio (terzo modo), ecc. non mi allontanava dalla sonorità della scala generatrice di DO maggiore.
In fondo stavo pur sempre suonando le stesse note della scala di DO, anche se con una diversa nota di partenza e quindi una diversa sequenza intervallare.
E qui veniamo al punto.
Satriani invece suggerisce di considerare ogni Modo come “un’entità a se stante“.
Questo significa che anziché suonare le scale modali come appena indicato (DO Ionico, RE Dorico e via così), possiamo (dobbiamo) suonare le diverse scale modali tutte con la stessa nota di partenza.
Prova a fare così:
registra un drone (un power chord tonica e quinta) e suonaci su le diverse scale modali partendo sempre dalla stessa nota. In altri termini suona DO Ionico, poi DO Dorico, DO Frigio, ecc.
Ovviamente la stessa cosa è valida per tutte le note della scala.
Con questo tipo di approccio sono finalmente riuscito ad apprezzare veramente i differenti “colori” dei 7 Modi.
Alla fin fine stiamo parlando proprio di questo: colori e sfumature sonore, capaci di far scaturire dalla musica sensazioni ed emozioni differenti.
Color Tones
Il passaggio dal concetto di scala modale a quello di Color Tones a questo punto diventa naturale.
Le Color Tones sono le note che danno alla scala modale, qualsiasi essa sia, il suo inconfondibile … colore.
Per comprendere ed individuare le Color Tones, dobbiamo però prima esaminare velocemente la scala relativa minore di DO, ovvero la scala minore naturale di LA:
1 – 2 – b3 – 4 – 5 – b6 – b7
Riguardando la tabella n.1, appare subito evidente che la scala minore naturale in pratica è anch’essa una scala modale. In particolare è il sesto Modo, quello Eolio.
A questo punto le scale che utilizzeremo come riferimento sono due:
- la scala maggiore = Modo Ionico
- la scala minore naturale = Modo Eolio
Avendo come riferimento questo due scale ti sarà possibile:
- organizzare le scale modali per genere (maggiore o minore)
- individuare le Color Tones andando a “scovare” le note che presentano una alterazione rispetto alla scala di riferimento.
Va da se che il confronto va fatto tra scale dello stesso genere. Maggiore con maggiore e minore con minore.
Ti riporto qui di seguito un’altra Tabella dove ho evidenziato con un cerchietto le Color
Tones delle diverse scale.
I due colori utilizzati fanno riferimento al genere di scala di riferimento (Maggiore o Minore).
Inutile specificare che le scale di riferimento (Modo Ionico e Modo Eolio) non presentano Color Tones.
Visto che abbiamo posto l’accento sulla questione legata ai colori delle scale modali, credo sia molto utile anche inquadrare ed ordinare le 7 scale in base a quanto chiaro o scuro sia il loro messaggio musicale.
Infatti non so se hai notato, ma nella Tabella qui su, le scale sono ordinate proprio in base al loro colore musicale e non al classico ordine con cui solitamente vengono costruite e presentate le scale modali (Ionico, Dorico, Frigio, Lidio, Misolidio, Eolio e Locrio)
Quelle più chiare sono le scale maggiori (Lidio, Ionico e Misolidio), mentre quelle con sonorità via via più scura sono tutte scale minori (Dorico, Eolio, Frigio e Locrio).
Guardando la Tabella, si può quindi affermare che una scala Locria suonerà molto più scura di una Eolia ed il motivo è proprio da ricercare nelle Color Tones.
Infatti, se confrontiamo il Modo Locrio con quello Eolio, il Locrio suonerà più scuro a causa della presenza della b2 (seconda minore) e b5 (quinta diminuita), non presenti invece nella scala Eolia.
Quest’ultima presenta invece la sesta minore (b6), non presente invece nella scala Dorica, che tra le scale minori è quella che infatti presenta il colore più chiaro (infatti è usatissima in ambito pop-rock).
Conclusioni
Estrarre le diverse scale modali dalla scala di riferimento non è una cosa complicata.
Imparare tutte le scale modali può apparire invece come una cosa difficie. Un lavoro di memoria enorme.
In realtà il segreto è nel concentrarsi sugli intervalli e le color tones.
Personalmente ho tratto grande giovamento da questo tipo di impostazione.
Con questo non voglio certo dire di essere diventato un maestro delle scale modali, capace di correre sulla tastiera in su ed in giù alternando i diversi modi.
Essere però riuscito a comprendere cosa volessero realmente significare le scale modali mi ha reso un piccolo musicista più consapevole e mi ha aperto un mondo.
Se sei arrivato a leggere fino alla fine credo che l’articolo sia stato di tuo interesse e gradimento.
Ti chiedo pertanto di aiutarmi lasciando un commento qui in basso e di lasciare un like.